Malattia di Alzheimer
Psicologi esperti nella riabilitazione e prevenzione cognitiva.
Che cos’è la Malattia di Alzheimer?
La Malattia di Alzheimer è la forma di demenza più frequente nella popolazione ed è considerata una patologia in aumento a causa della crescente aspettativa di vita. Ha un’incidenza del 20-25% negli over 80 ed è lievemente più frequente nel sesso femminile, probabilmente a causa della maggiore longevità.
La Malattia di Alzheimer è caratterizzata da un progressivo deterioramento di specifiche funzioni cognitive, con una conseguente perdita di autonomia e riduzione della qualità della vita del paziente. Rappresenta un importante problema non solo sanitario, ma anche sociale, in particolare per quanto riguarda il coinvolgimento dei caregiver.
Cosa succede nel cervello di un paziente con Malattia di Alzheimer?
La Malattia di Alzheimer è caratterizzata da una riduzione del peso e del volume dell’encefalo, con una marcata e diffusa atrofia che coinvolge tutti i lobi. In particolare, la corteccia appare assottigliata a livello ippocampale e nelle regioni paraippocampali, strutture di rilievo nei processi di memoria. Il deterioramento è la conseguenza della degenerazione dei neuroni e delle sinapsi e ha inizio nelle aree profonde del cervello per poi estendersi verso gli strati più esterni.
Inoltre, nell’encefalo di un paziente con Malattia di Alzheimer è possibile riscontrare degli elementi istopatologici quali le placche senili (aggregati di proteina β-amiloide), i grovigli neurofibrillari (filamenti costituiti da proteina 𝜏-iperfosforilata) e l’angiopatia amiloidea (deposito di β-amiloide nelle pareti delle arteriole cerebrali). Alcuni di questi sono riscontrabili anche nel cervello sano di un individuo anziano, variando però dalla condizione patologica in termini di densità e distribuzione.
Un ulteriore responsabile della Malattia di Alzheimer è l’alterazione dell’attività dell’enzima che sintetizza l’acetilcolina, un neurotrasmettitore che risulta in questo caso carente.
Quali sono le cause della Malattia di Alzheimer?
La Malattia di Alzheimer, così come altre malattie neurodegenerative, ad oggi non dispone di una teoria accettata e validata per spiegare la sua patogenesi. E’ considerata una malattia multifattoriale, associata a diversi fattori di rischio, tra cui l’età e l’influenza genetica. La maggior parte dei casi, infatti ha un esordio tardivo a partire dai 65 anni di età (Late Onset Alzheimer Disease, LOAD). Solo l’1-6% dei casi, invece, presenta una forma ad esordio precoce (Early Onset Alzheimer Disease, EOAD), particolarmente influenzata dai fattori genetici. L’età e i fattori genetici non spiegano però tutti i casi di malattia. I fattori di rischio ambientali, come l’inquinamento dell’aria, i metalli, le infezioni e la dieta, insieme alle condizioni mediche quali le malattie cardiovascolari, l’obesità e il diabete, aumentano il rischio di sviluppare la patologia.
Quali sono i sintomi della Malattia di Alzheimer?
La Malattia di Alzheimer è caratterizzata da un progressivo deterioramento funzionale e cognitivo, con una graduale perdita di autonomia. E’ possibile suddividere il decorso di malattia in diverse fasi cliniche, ciascuna delle quali caratterizzata da una diversa sintomatologia.
Il primo stadio, o fase preclinica, può durare diversi anni e non comporta una compromissione funzionale nelle attività quotidiane, se non una lieve perdita di memoria. Più dell’80% dei pazienti, infatti, giunge alla prima consultazione medica in seguito a degli episodi di perdita di memoria nella vita quotidiana.
Nella fase lieve, o precoce, possono comparire diversi sintomi che impattano sulla qualità della vita del paziente: lieve disorientamento spaziale e temporale, cambiamento dell’umore e della personalità, perdita di concentrazione e memoria. Nello specifico, sono presenti difficoltà nell’apprendere nuove informazioni, nel denominare gli oggetti e nel ricordare appuntamenti, impegni, eventi pubblici e privati.
Nello stadio moderato, la malattia si diffonde alle aree della corteccia cerebrale. Questo, si traduce in un aggravamento dei deficit di memoria (fino al mancato riconoscimento di familiari o amici), perdita del controllo degli impulsi e compromissione del linguaggio. In particolare, si manifestano difficoltà nel “rintracciare” le parole (anomie) e un progressivo impoverimento del lessico, con deficit sia nel linguaggio parlato che in quello scritto. Inoltre è possibile osservare una difficoltà nel riconoscimento degli oggetti (disturbo gnosico) e un errato utilizzo degli stessi (disturbo prassico).
Infine, nello stadio avanzato o grave, vi è un progressivo deterioramento funzionale e cognitivo: il linguaggio, il riconoscimento, l’orientamento spaziale-temporale e familiare sono gravemente compromessi. Il paziente può diventare costretto a letto con difficoltà nella deglutizione e nella minzione, fino ad arrivare alla morte.
Come avviene la diagnosi di Malattia di Alzheimer?
Per fare diagnosi possono tornare utili alcune indagini strumentali, come le tecniche di neuroimaging: la risonanza magnetica e la TAC sono valide per valutare il grado di atrofia cerebrale e per escludere altre patologie causa di demenze; la PET e la SPECT forniscono indicazioni sul metabolismo e sul flusso ematico regionale; l’esame EEG evidenzia le alterazioni nella frequenza di alcune onde cerebrali; l’esame liquorale rileva un incremento dei livelli di proteina tau e tau-fosforilata e ridotti livelli della proteina β-amiloide. Infine, la valutazione neuropsicologica risulta utile per indagare lo stato cognitivo e per attuare eventuali diagnosi differenziali da altre patologie neurodegenerative.
Inoltre, oltre ai criteri per la diagnosi di Malattia di Alzheimer, il National Institute on Aging and the Alzheimer’s Association ha proposto i criteri diagnostici del Mild Cognitive Impairment ad alta probabilità di Malattia di Alzheimer. Il Mild Cognitive Impairment (MCI) definisce l’“area grigia” tra il funzionamento cognitivo sano e la demenza clinica e può avere esiti diversi: una parte converte in demenza, alcuni rimangono stabili nel tempo, altri tornano ad uno stato di normalità. In particolare, la presenza di MCI amnesico (uno dei sottotipi in cui si divide il disturbo), favorisce l’identificazione precoce di alcuni soggetti con Malattia di Alzheimer.
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Come si cura la Malattia di Alzheimer?
Il trattamento del paziente affetto da demenza comprende l’intervento farmacologico affiancato a quello psicosociale, coinvolge più ambiti e prevede la partecipazione di più figure, sanitarie e non.
Trattamento farmacologico. Le molecole ad oggi approvate e disponibili in Italia per il trattamento della Malattia di Alzheimer sono quattro: donepezil, rivastigmina, galantamina, memantina. I farmaci permettono il controllo dei sintomi per un breve periodo, in seguito al quale si ripresenta una progressione clinica. Non disponendo attualmente di una terapia risolutiva per il trattamento delle demenze, l’approccio che mostra i migliori risultati è quello che associa alla terapia farmacologica un intervento psicosociale.
Trattamenti psicosociali. I trattamenti non farmacologici sono utili nel migliorare la qualità della vita sia dei pazienti sia dei loro familiari. Questi interventi comprendono terapie cognitive, approcci multi strategici (terapia di orientamento alla realtà, terapia di validazione, terapia di reminiscenza) e approcci comportamentali e ambientali (musicoterapia, aromaterapia, fototerapia).
La Terapia di Stimolazione Cognitiva (CST) è un trattamento breve per persone con una demenza lieve-moderata, svolta solitamente in gruppo per migliorare la socialità. Ad oggi rappresenta uno dei trattamenti psicosociali validati e strutturati in tema di stimolazione delle funzioni cognitive. Questa terapia propone attività ed esercizi a tema con lo scopo di rafforzare l’orientamento spaziale, temporale e personale e di ri-attivare le funzioni cognitive come la memoria, il linguaggio e il problem-solving. Questo intervento si basa su un approccio che vede la persona al centro, insieme ai suoi bisogni e alle sue difficoltà, sulla quale si adatta la scelta degli esercizi e delle attività proposte.
Tra gli approcci multi strategici, il più diffuso è la Terapia di Orientamento alla Realtà (ROT), una tecnica specifica di riabilitazione per pazienti disorientati o con deterioramento cognitivo. La ROT si pone come obiettivo quello di riorientare il paziente rispetto a se stesso, alla propria storia e all’ambiente circostante, attraverso ripetute stimolazioni multimodali (verbali, visive, musicali). Questa terapia può essere svolta: in maniera informale, con l’uso di facilitazioni temporo-spaziali nell’ambiente di vita del paziente e fornendogli continue stimolazioni cognitive; in maniera formale, attraverso sedute giornaliere di gruppo durante le quali viene impiegata una metodologia di stimolazione standardizzata. Diversi studi hanno mostrato come questa terapia sia risultata efficace nel mantenimento delle funzioni cognitive residue, con un effetto maggiore in combinazione con la terapia farmacologica.
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