Malattia di Parkinson
Psicologi esperti nella riabilitazione e prevenzione cognitiva.
Che cos’è la Malattia di Parkinson?
La Malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più diffusa, dopo la Malattia di Alzheimer, con un’età media di insorgenza intorno ai 65 anni e una prevalenza nel sesso maschile. La Malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa, facente parte dei disturbi del movimento, caratterizzata dalla presenza di sintomi motori e diversi sintomi non motori. Negli ultimi decenni l’incidenza della malattia è aumentata a causa di un invecchiamento della popolazione, di un aumento delle esposizioni ambientali dovute all’industrializzazione e di una maggiore consapevolezza che ha portato ad un aumento delle diagnosi.
Cosa succede nel cervello di un paziente con Malattia di Parkinson?
Alla base della Malattia di Parkinson sono presenti principalmente due manifestazioni neuropatologiche:
La formazione di aggregati proteici denominati Corpi di Lewy, che in fasi diverse della malattia si depositano in diverse strutture cerebrali. Questi danno origine ad un’ampia sintomatologia motoria, non motoria e cognitiva.
La degenerazione dei neuroni dopaminergici presenti all’interno di particolari strutture sottocorticali, denominate gangli della base. La dopamina è neurotrasmettitore che svolge un ruolo fondamentale nella regolazione dei movimenti ed ha un’alta concentrazione all’interno di queste aree. La riduzione di dopamina ne altera il funzionamento dando origine ai sintomi motori tipici della malattia.
Quali sono le cause della Malattia di Parkinson?
Le forme ereditarie costituiscono il 5-10% dei casi e sono causate da mutazioni presenti su diversi geni, i quali svolgono un importante ruolo nelle funzioni cellulari.
I fattori di rischio ambientali includono alcune tossine naturali che possono essere presenti all’interno di pesticidi ed erbicidi in commercio.
Quali sono i sintomi della Malattia di Parkinson?
La Malattia di Parkinson è caratterizzata dalla presenza di un’ampia gamma di sintomi motori e non motori.
Sintomi motori. Alcuni sintomi motori, noti come sintomi cardinali, sono presenti fin dall’esordio di malattia. Questi si riferiscono al tremore a riposo, un movimento ritmico ed involontario di una o più parti del corpo; la bradicinesia, una riduzione della velocità di esecuzione dei movimenti, insieme ad una maggiore lentezza nell’arresto o nella correzione degli stessi; la rigidità, un aumento patologico del tono muscolare che può essere associata a dolore, come il dolore alla spalla, molto frequente all’esordio.
Completano il quadro motorio l’instabilità posturale, che compare in fase tardiva di malattia, e le alterazioni del cammino, caratterizzate da postura curva, trascinamento di una gamba e diminuzione della lunghezza del passo. Un’ulteriore caratteristica della Malattia di Parkinson è il fenomeno del freezing, ossia un’incapacità improvvisa e transitoria di avviare la deambulazione o cambiare direzione.
Sintomi non motori. Nel 98.6% dei pazienti, oltre ai sintomi motori, è presente almeno un sintomo non motorio. Questi possono esordire in qualsiasi fase della malattia, in alcuni casi precedendo l’esordio dei sintomi motori, come i disturbi del sonno, dell’olfatto e della stipsi; altri tendono a presentarsi maggiormente nelle fasi avanzate, come i sintomi psicotici e i deficit cognitivi. I sintomi non motori rappresentano la principale causa di disabilità e riduzione della qualità di vita, ma nonostante questo, spesso, non vengono adeguatamente identificati e trattati. Il complesso dei sintomi non-motori della Malattia di Parkinson comprende sintomi sensoriali (iposmia o anosmia, disturbi visivi, dolore, disturbi somatosensoriali); sintomi neuropsichiatrici (ansia, depressione, apatia, psicosi, allucinazioni); alterazioni cognitive (deficit attentivi, esecutivi e a carico della memoria di lavoro); disturbi del sonno (eccessiva sonnolenza diurna, insonnia, disturbo comportamentale del sonno REM, sindrome delle gambe senza riposo); sintomi disautonomici (disturbi urogenitali, disturbi gastrointestinali, ipotensione ortostatica).
Quali sono le manifestazioni cognitive legate alla Malattia di Parkinson?
È auspicabile effettuare una valutazione neuropsicologica per poter effettuare una diagnosi di MCI o di demenza, al fine di intervenire con delle terapie atte alla stimolazione e al mantenimento delle capacità cognitive.
Il quadro cognitivo dei pazienti risulta essere molto eterogeneo e caratterizzato da un generale rallentamento ideomotorio. Nello specifico, a livello esecutivo emergono difficoltà nella capacità decisionale, nell’inibizione e nella pianificazione; il linguaggio è caratterizzato da volume basso, monotonia espressiva, aumento delle pause e difficoltà specifica nel denominare le azioni; le funzioni visuo-spaziali presentano deficit nella capacità di giudizio percettivo, nelle prove visuo-costruttive e nella copia di disegno, nella quale è possibile osservare il fenomeno del closing-in (sovrapposizione della copia al disegno originale); a livello attentivo si osservano difficoltà nella capacità di calcolo mentale, di mantenimento e spostamento dell’attenzione; per quanto riguarda la memoria, può verificarsi un deficit nell’acquisizione di nuove informazioni, dovuto in gran parte all’uso inefficiente di strategie attentive e di apprendimento.
Quali sono i sintomi neuropsichiatrici della Malattia di Parkinson?
I sintomi neuropsichiatrici più comuni nell’ambito della Malattia di Parkinson sono la depressione e l’ansia, seguiti dall’apatia e dai disturbi psicotici.
La depressione in media è presente nel 20% dei pazienti e può manifestarsi in qualsiasi fase di malattia. È associata ad ansia, apatia, anedonia, fatica, difficoltà di concentrazione e insonnia.
L’ansia è presente nel 25-52% dei pazienti e può presentarsi con attacchi di panico, fobie e disturbo d’ansia generalizzato. Spesso è in comorbilità con la depressione, ma può comparire anche singolarmente ed avere un notevole impatto sulla qualità della vita del paziente. L’apatia può essere presente già nei primi stadi di malattia, per poi aumentare con il decorso, in particolare nei pazienti che presentano un decadimento cognitivo.
Parlando di apatia si fa riferimento ad una serie di caratteristiche comportamentali, affettive e cognitive, caratterizzate da riduzione dell’iniziativa, dell’emotività, della motivazione e del livello di consapevolezza.
I sintomi psicotici variano durante il decorso della malattia. Inizialmente si presentano con sintomi “minori”, come le allucinazioni transitorie e le illusioni, mentre negli stadi più avanzati possono comparire anche i deliri e le allucinazioni diventano più vivide e multisensoriali.
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Circa L'11,1% della popolazione presenta nel corso della propria vita almeno un disturbo d'ansia. Superare pero questi periodi è possibile sempre più spesso grazie alla psicoterapia o a percorsi di sostegno psicologico dove il paziente può esprimersi liberamente e ed essere ascoltato senza giudizi da un professionista pronto a guidarlo nel percorso di guarigione.
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Come avviene la diagnosi di Malattia di Parkinson?
La diagnosi di Malattia di Parkinson si basa sulla presenza dei tre sintomi motori cardinali, l’esordio unilaterale delle manifestazioni motorie e una buona responsività alla terapia dopaminergica. Inoltre, si basa sull’esclusione di alcuni sintomi ritenuti atipici per la fase iniziale di malattia, come l’instabilità posturale, i fenomeni di freezing e le alterazioni cognitive.
La combinazione di questi parametri clinici identifica tre livelli di diagnosi: possibile, probabile e definita. Quest’ultima può essere confermata solo a seguito di un esame autoptico.
Inoltre, vengono effettuati alcuni esami strumentali che integrano le informazioni ricavate dalle osservazioni cliniche e che permettono di aumentare la certezza diagnostica. Tra questi, la SPECT DaT-SCAN che utilizza un marcatore del trasportatore della dopamina, il quale si riduce in seguito alla degenerazione dei neuroni dopaminergici. Questo esame è utile per effettuare la diagnosi differenziale da altri disturbi del movimento.
Come si cura la Malattia di Parkinson?
La terapia della Malattia di Parkinson, non avendo un’origine conosciuta, si basa sul trattamento dei sintomi. Un buon approccio prevede il coinvolgimento di diversi specialisti, tra cui neurologi, infermieri specializzati, fisioterapisti, neuropsicologi e logopedisti, che calibrano l’intervento sulla base dei bisogni individuali del paziente. Per il trattamento della malattia ci si avvale della terapia farmacologica, chirurgica e riabilitativa. La terapia farmacologica prevede l’uso di farmaci che mirano a ripristinare la trasmissione della dopamina nei gangli della base attraverso la levodopa.
Nelle prime fasi della malattia la levodopa viene assunta per via orale, ma con il progredire della malattia, incontra diversi ostacoli e problemi che alterano la sua disponibilità. Per questo motivo, vengono proposte terapie alternative a quella orale, come le infusioni sottocutanee di apomorfina e la terapia con levodopa-carbidopa che viene somministrata direttamente nel duodeno attraverso una pompa infusionale.
La terapia chirurgica, proposta solo in seguito ad un’accurata valutazione clinica del paziente, prevede che vengano impiantati degli elettrodi in specifiche regioni cerebrali al fine di modulare le attività neurali (Deep Brain Stimulation).
Infine, risulta di fondamentale importanza integrare queste terapie con un intervento riabilitativo ad ampio spettro, che comprende trattamenti fisioterapici, neuropsicologici, logopedici ed occupazionali.
Cosa si intende con intervento riabilitativo della Malattia di Parkinson?
I diversi interventi riabilitativi nella Malattia di Parkinson prevedono: la fisioterapia, fondamentale all’interno del processo di cura del paziente, mirata al ri-apprendimento degli schemi di movimento persi e alla possibilità di costruire nuove abilità motorie nelle diverse fasi di malattia; la logopedia, che si occupa della valutazione e della rieducazione delle difficoltà comunicativo-linguistiche, masticatorie- deglutitive (disfagia) e articolo-fonatorie; la terapia occupazionale, che ha come obiettivo quello di preservare le autonomie del paziente all’interno del contesto quotidiano e sociale, favorendo l’adozione di strategie di compenso.
Infine, la neuropsicologia, che pianifica un programma di stimolazione e riabilitazione volto ad ottimizzare il funzionamento cognitivo, emotivo e psicosociale della persona. Per strutturare un percorso costruito ad hoc per il paziente, il primo passaggio è la valutazione neuropsicologica, nella quale viene indagata la presenza e l’entità dei disturbi cognitivi e comportamentali. Questo tipo di riabilitazione comprende esercizi cognitivi mirati, training per l’adozione di strategie, interventi psicoeducativi e di supporto psicologico. Affinché la riabilitazione neuropsicologica sia efficace, è importante tenere in considerazione alcune variabili, quali: l’età, la scolarizzazione, la durata dell’intervento e la frequenza delle sedute, i punteggi ottenuti alla valutazione neuropsicologica e altre caratteristiche correlate alla malattia.
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Sitografia
Pelosin, E., Mezzarobba, S., Montanaro, E., Santangelo, G., Flaccadoro, F., Tofani, M., & Galeoto, G. (n.d.). Malattia di Parkinson e Riabilitazione. Fondazione LIMPE. https://www.fondazionelimpe.it/parkinson-e-riabilitazione
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