In seguito a lesioni cerebrali, quali ictus, traumi cranici, neoplasie
In presenza di malattie neurodegenerative (es. Malattia di Alzheimer, Malattia di Parkinson, Demenza fronto-temporale)
In presenza di patologie demielinizzanti (es. Sclerosi multipla) o infettive (es. encefalite)
Sulla base dei risultati emersi dalla valutazione neuropsicologica viene impostato il progetto riabilitativo. L’obiettivo è di favorire il recupero delle funzioni cognitive compromesse, potenziare le abilità residue e acquisire nuove strategie per far fronte alle difficoltà presenti.
L’importanza di un intervento riabilitativo deriva dalle evidenze riportate dagli studi sull’esposizione ad un ambiente ricco di stimoli. I training riabilitativi e la stimolazione cognitiva agiscono sui fenomeni di plasticità cerebrale, favorendo il recupero e il rallentamento della progressione delle malattie degenerative.
Per raggiungere gli obiettivi riabilitativi, lo/a psicologo/a utilizza strumenti di diversa natura, dagli esercizi carta-matita ai programmi computerizzati.
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La durata di un percorso di riabilitazione cognitiva può variare notevolmente in base a diversi fattori, tra cui:
In generale, un percorso di riabilitazione cognitiva può durare da poche settimane a diversi mesi, e in alcuni casi può essere un processo continuo.
Durante una seduta di riabilitazione cognitiva vengono somministrati vari esercizi cognitivi progettati per migliorare aree come memoria, attenzione, ragionamento e problem solving. Questi possono includere puzzle, giochi di memoria, e attività di sequenziamento.
Inoltre, il paziente apprende tecniche di compensazione per gestire le difficoltà cognitive nella vita quotidiana, come l’uso di agende o applicazioni per il miglioramento della memoria.
Il terapeuta fornisce feedback costante sulle prestazioni del paziente e adatta gli esercizi in base ai progressi.
La seduta può includere anche supporto emotivo e psicologico per aiutare a gestire sentimenti di frustrazione o ansia legati alle difficoltà cognitive. Spesso, le attività della vita quotidiana vengono incorporate nell’esercizio terapeutico per rendere il trattamento il più pratico e funzionale possibile.
La riabilitazione neurocognitiva e la stimolazione cognitiva sono due approcci terapeutici che mirano al miglioramento delle funzioni cognitive, ma differiscono per obiettivi e metodologie:
In conclusione, mentre la riabilitazione neurocognitiva è spesso un trattamento mirato e strutturato per condizioni specifiche, la stimolazione cognitiva è più orientata alla promozione e al mantenimento della salute cognitiva in generale.
La mancanza di attività cognitiva accelera il declino cognitivo nell’invecchiamento normale così come nella demenza. La stimolazione cognitiva prevede il coinvolgimento in una serie di attività e discussioni per un miglioramento generale del livello di funzionamento cognitivo e sociale.
Gli obiettivi generali della stimolazione cognitiva sono: sostenere l’orientamento spaziale e temporale, stimolare la memoria, la funzione linguistica, favorire l’attenzione e la concentrazione, lavorare sulle autonomie, migliorare le capacità relazionali, mantenere gli interessi del passato e aumentare il livello di autostima.
La stimolazione cognitiva è indicata per persone in età avanzata (dai 60 anni) con un funzionamento cognitivo normale o con un lieve/moderato decadimento. L’intervento può essere svolto individualmente o in gruppo, promuovendo in questo modo anche l’inclusione e la socializzazione. La stimolazione cognitiva si caratterizza come un intervento che prevede una continuità, al fine di permettere alla persona di rafforzare i processi cognitivi e aumentare la consapevolezza di sé.
Prima di iniziare un percorso di stimolazione cognitiva, è generalmente raccomandato sottoporsi a una valutazione neurocognitiva. Questa valutazione fornisce una visione dettagliata delle capacità cognitive del paziente, permettendo ai professionisti di personalizzare il programma di stimolazione cognitiva in base alle specifiche necessità e punti di forza del paziente.
La valutazione neurocognitiva può identificare aree specifiche di debolezza e forza nelle funzioni cognitive, come memoria, attenzione, linguaggio, e funzioni esecutive. Con queste informazioni, il percorso di stimolazione cognitiva può essere più mirato ed efficace, focalizzandosi sulle aree che necessitano maggiormente di supporto e miglioramento.
Tuttavia, la decisione di eseguire una valutazione neurocognitiva può variare in base alle circostanze individuali, quindi è sempre meglio consultare un professionista sanitario per un consiglio personalizzato.
Un percorso di stimolazione cognitiva può essere utile per un ampio spettro di persone, tra cui:
In ogni caso, la stimolazione neurocognitiva può essere personalizzata per rispondere alle specifiche esigenze e obiettivi di ciascun individuo, rendendola un’opzione terapeutica versatile per una vasta gamma di età e contesti.
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La valutazione cognitiva è il primo step della presa in carico neuropsicologica e si articola in due momenti distinti. La prima parte è dedicata al colloquio clinico, durante il quale vengono raccolte tutte le informazioni necessarie per poter ricostruire la storia della persona. In un secondo momento, viene effettuata una valutazione delle funzioni cognitive quali attenzione, memoria e ragionamento logico, attraverso l’utilizzo di test standardizzati. Alcuni test sono più semplici e veloci, mentre altri risultano più complessi. Sebbene il tempo necessario sia correlato alle esigenze della valutazione stessa, generalmente un esame completo ed approfondito richiede diverse ore di somministrazione.
La valutazione è condotta da uno/a psicologo/a all’interno di un contesto protetto e sicuro, nel quale vengono accolti i dubbi, le paure e le difficoltà della persona. Infatti, questo momento può essere fonte di stress, in cui ci si sente “sotto esame”, ma non c’è da preoccuparsi! Le eventuali difficoltà emerse ai test verranno affrontate insieme allo/a psicologo/a in un percorso di consapevolezza e cura.
Alla fine del percorso di valutazione, viene restituita una relazione contenente l’inquadramento del funzionamento cognitivo e comportamentale, che evidenzia le difficoltà e i punti di forza.
A scopo preventivo, può evidenziare un funzionamento sano o far risuonare eventuali campanelli di allarme, sintomi precoci di un deterioramento cognitivo patologico. A tal fine, è utile sottoporsi ad uno screening cognitivo a partire dai 60 anni di età.
Se si ravvisano cambiamenti o difficoltà cognitive (ad esempio dimenticanze, affaticabilità, problemi di concentrazione) nello svolgimento delle attività quotidiane.
In seguito a patologie cerebrali, per monitorare l’andamento del funzionamento cognitivo e dell’efficacia della riabilitazione.
Sì, è possibile e spesso utile sottoporsi a una valutazione neuropsicologica anche se hai già ricevuto una diagnosi neurologica. Questa valutazione può fornire informazioni dettagliate sulle tue capacità cognitive attuali, aiutare a comprendere meglio come la tua condizione neurologica influisce sulle funzioni cognitive e comportamentali, e guidare decisioni riguardanti il trattamento e il supporto.
La valutazione neuropsicologica può essere particolarmente utile per monitorare il progresso cognitivo della condizione nel tempo e per adattare gli interventi terapeutici alle tue esigenze specifiche.
E’ sempre bene parlarne con il proprio neurologo di fiducia o puoi chiamarci per un consulto gratuito.
Come scritto nel paragrafo precedente, la valutazione neuropsicologica può essere utile per diverse categorie di persone, tra cui:
Prima di prenotare un consulto neuropsicologico è importante consultare un professionista sanitario per determinare se una valutazione neuropsicologica è appropriata per il caso specifico. È possibile chiamarci gratuitamente per qualsiasi consulto o informazione sul servizio.
Durante una seduta di valutazione cognitiva, il professionista inizia raccogliendo informazioni sulla storia medica, psicologica e sociale del paziente. Successivamente, si svolge un’intervista clinica per discutere dei sintomi attuali, delle difficoltà cognitive percepite e di eventuali cambiamenti nel comportamento o nel pensiero. Il paziente viene poi sottoposto a una serie di test neuropsicologici standardizzati, progettati per valutare diverse aree cognitive come memoria, attenzione, funzioni esecutive, linguaggio e abilità visuo-spaziali. Durante la valutazione, si osserva anche il comportamento e l’umore del paziente per identificare eventuali problemi che potrebbero influenzare le funzioni cognitive. Infine, il professionista fornisce un feedback sui risultati, discutendo le aree di forza e di debolezza e suggerendo passi successivi, come interventi di riabilitazione o consultazioni con altri specialisti. La durata della seduta può variare, ma è generalmente compresa tra un’ora e diverse ore, a seconda della complessità dei test e delle discussioni.
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Il colloquio di sostegno è un intervento a carattere psicologico differente dalla psicoterapia.
Attraverso un ciclo breve di colloqui, la persona viene sostenuta e guidata ad affrontare un problema circoscritto, non gravemente psicopatologico, riconducibile ad un evento particolare della vita. Il colloquio di sostegno non mira a livelli di elaborazione profondi e non ha l’obiettivo di condurre ad una riorganizzazione di aspetti importanti della personalità, ma rappresenta un punto di partenza per successivi sviluppi.
Questa tipologia di intervento può rivelarsi utile a tutte quelle persone che stanno attraversando un momento di forte cambiamento, come ad esempio un lutto, una malattia o il pensionamento. Infatti, situazioni di questo tipo, spesso richiedono una riorganizzazione ed un adattamento del proprio ruolo nei diversi contesti di vita e della propria rete socio-relazionale.
In questo contesto, lo psicologo utilizza anche interventi psicoeducativi attraverso i quali il paziente può acquisire una maggiore consapevolezza di sé e della propria situazione.
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La demenza porta con sé importanti cambiamenti non soltanto per la persona, ma anche per i familiari, che si trovano a dover fronteggiare un bisogno crescente di cure assistenziali e di gestione della quotidianità del malato.
L’impegno fisico e psicologico del caregiver conduce ad effetti inevitabili su diversi ambiti della vita: sociale, personale, relazionale e professionale. Per questo motivo, risulta importante pianificare degli interventi volti a sostenere ed accompagnare chi si prende cura, in tutte le fasi della malattia. A partire dalla diagnosi fino alle ultime fasi della malattia, i bisogni del paziente e le conseguenze emotive dei caregiver cambiano ed evolvono, ponendo talvolta anche davanti a scelte difficili (ad esempio, la scelta di rivolgersi alle strutture residenziali assistenziali).
Interventi di psicoeducazione: hanno lo scopo di fornire ai caregiver conoscenze specifiche rispetto alla malattia del proprio caro, favorendo una maggiore consapevolezza e potenziando le abilità necessarie al sostegno; Questo tipo di intervento può anche fornire informazioni pratiche rispetto ai servizi di supporto disponibili e agli strumenti a disposizione.
Supporto emotivo: fornire al caregiver un supporto emotivo e favorire una migliore regolazione emotiva e comportamentale.
Supporto emotivo: fornire al caregiver un supporto emotivo e favorire una migliore regolazione emotiva e comportamentale.
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Studio di Neuropsicologia dei Dott. Rossi e Dott.ssa Tiberi
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