Trauma Cranico
Psicologi esperti nella riabilitazione e prevenzione cognitiva.
Che cos’è un trauma cranico?
Il trauma cranico è una condizione clinica caratterizzata da un danno al cervello causato da una forza fisica esterna, rapida, improvvisa e violenta che determina un alterato stato di coscienza.
Il termine trauma cranico viene utilizzato per identificare sia una minima concussione sia una lesione grave che porta alla morte, due estremi di uno spettro continuo di gravità. A livello globale, oltre ad essere una delle principali cause di morte e di invalidità, rappresenta un grave problema sociale, economico e sanitario. La sua incidenza è molto varia, determinata da fattori quali l’età ed il genere di appartenenza, manifestandosi con una netta prevalenza nella popolazione giovane maschile (75% circa).
Cause/Cosa succede nel cervello di un paziente con trauma cranico?
A causa dell’elevata energia cinetica di accelerazione e della brusca decelerazione che consegue la collisione, il cervello subisce lesioni diffuse e molto gravi. Queste, a causa del contraccolpo, non si limitano alla sola zona di impatto, ma si estendono fino a coinvolgere regioni più lontane. I lobi frontali e temporali vengono investiti con maggior frequenza e gravità degli effetti delle onde d’urto traumatiche, data la loro posizione maggiormente a contatto con le strutture ossee del cranio.Per comprendere la sintomatologia cognitiva post-traumatica, bisogna considerare che questa si produce come conseguenza di due eventi patologici che occorrono in tempi diversi. Inizialmente, il danno primario causato dal trauma cranico genera ematomi e ed emorragie cerebrali, ma non solo. Le potenti forze rotazionali e traslazionali applicate al cervello, infatti, sono responsabili del cosiddetto danno assonale diffuso, una condizione caratterizzata dallo stiramento degli assoni della sostanza bianca sottocorticale. Successivamente, a causa dei frequenti danni secondari prodotti dalle possibili complicanze (ipertensione endocranica, ipossia, e altre), la lesione cerebrale evolve e spesso peggiora nel periodo successivo all’evento.
Quali sono i sintomi/gli esiti di un trauma cranico?
Come già esposto, una delle peculiarità del trauma cranico è il coinvolgimento diffuso del cervello. È quindi logico prevedere un’ampia variabilità sintomatologica per quel che riguarda la gravità e le forme di espressione clinica. A fine descrittivo, è utile distinguere la patologia nelle tre forme di gravità riconosciute, il cui inquadramento è fornito dagli indici utilizzati al momento della diagnosi.
Uno degli esiti che accomuna tutti e tre i livelli di complessità, e che anzi ne permette la distinzione sulla base della gravità, è l’amnesia post-traumatica. Questa, si riferisce all’incapacità della persona di ricordare un periodo di tempo, più o meno lungo, precedente all’evento.
Trauma cranico lieve. Rappresenta circa l’80% di tutti i traumi cranici. La maggior parte dei pazienti non presenta sintomi residui già a 4 settimane dall’evento, mentre il 20% riferisce la presenza di disturbi cognitivi. Questi soggetti lamentano minore efficienza, lentezza nel risolvere problemi e necessità di notevoli sforzi attentivi per ottenere gli stessi risultati che raggiungevano prima del trauma. Tutti sintomi riconducibili ad un’alterazione del funzionamento dei lobi frontali.
Trauma cranico moderato. Rappresenta il 10-12% di tutti i traumi ed il profilo sindromico, essendo coinvolte le strutture fronto-temporali, si caratterizza per disfunzioni cognitive quali: deficit di attenzione e concentrazione, difficoltà di apprendimento, memoria di lavoro e problem solving. Inoltre, sono osservabili disturbi del comportamento rappresentati da facile irritabilità, scarsa tolleranza allo stress e alla fatica, minore iniziativa e autocontrollo, difficoltà di giudizio critico e alterazione della personalità.
Trauma cranico grave. Rappresenta l’8-10% dei traumi cranici e può presentare esiti motori, sensoriali, cognitivi e comportamentali di gravità variabile. Spesso questi pazienti, in fase acuta/sub acuta, sono disorientati nello spazio e nel tempo, rimanendo agganciati al passato.
Il profilo comportamentale può essere caratterizzato da inerzia, apatia, mancanza di interessi e di motivazione, affaticabilità, distraibilità e scarsa consapevolezza delle difficoltà insorte. Oppure, al contrario, la persona può apparire disinibita, irascibile, aggressiva, ipocritica, iperattiva ed inopportuna nei rapporti sociali. Lo svolgimento delle attività è quindi affrettato, o eccessivamente lento, inaccurato e con una tendenza a perseverare negli errori commessi.
Dal punto di vista cognitivo, i disturbi attentivi sono caratterizzati da un’analisi superficiale e parziale delle informazioni, insieme ad un’incapacità di filtrare e inibire le interferenze. Di conseguenza, la persona giunge a conclusioni errate e appare maggiormente distraibile.
I disturbi di memoria sono frequentemente attribuibili all’incapacità di applicare le adeguate strategie di apprendimento, alla difficoltà di rievocare i ricordi e di rispettarne l’ordine logico. I disturbi del linguaggio sono da ricondursi a un deficit di organizzazione del discorso, con una difficoltà di sintesi o astrazione, nonché ad un’incapacità di mantenere la coerenza globale del discorso. Infine, i disturbi esecutivi comportano errori di pianificazione e mantenimento della sequenza dell’azione, insieme ad un’incapacità di automonitorarsi che impedisce di apportare le eventuali modifiche al comportamento in atto.
Come avviene la diagnosi di trauma cranico?
Al fine di identificare il processo riabilitativo più adeguato, sono stati elaborati una serie di indici predittivi in grado di fornire, fin dalla fase acuta, una previsione attendibile sul probabile andamento della patologia.
Glasgow Coma Scale. La Glasgow Coma Scale rappresenta lo strumento più utilizzato nella valutazione diagnostica e prognostica del traumatizzato cranico. È una valutazione numerica che determina il livello di coscienza sulla base di tre parametri: apertura degli occhi, risposta verbale e risposta motoria. Il punteggio finale, compreso tra 3 e 15, differenzia tra un trauma cranico grave (da 3 a 8), moderato (da 9 a 12) e lieve (da 13 a 15).
Amnesia post-traumatica. La gravità dell’amnesia post-traumatica, che come detto indica la difficoltà di rievocare il periodo di tempo precedente all’evento, è un predittore affidabile del futuro quadro cognitivo. Inoltre, viene utilizzata come criterio per la diagnosi e la distinzione tra le diverse forme di trauma. In particolare, un’amnesia post-traumatica inferiore a 24 ore indica un trauma cranico lieve, tra 1 e 7 giorni denota un trauma moderato e superiore ai 7 giorni segnala un trauma grave.
Spesso questa condizione si manifesta in concomitanza di un annebbiamento della coscienza; un considerevole disorientamento spazio-temporale, con tendenza ad interpretare l’ambiente in termini di esperienze passate; un comportamento di agitazione, contraddistinto da un discorso logorroico e sconclusionato; presenza di confabulazioni, ovvero la creazione di frasi e avvenimenti inventati e inconsistenti.
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Come si cura il trauma cranico?
Il trauma cranico, trattandosi di una patologia che può avere drammatiche conseguenze nella qualità della vita della persona, prevede l’elaborazione di un progetto di intervento volto al miglior recupero funzionale possibile. Questo processo richiede, oltre che le specifiche conoscenze del professionista, anche un approccio multidisciplinare integrato, l’unico capace di garantire il raggiungimento degli obiettivi.
Al fine di avere uno strumento comune ai vari professionisti, in grado di indicare la fase evolutiva di malattia del paziente, è stata sviluppata la Level of Cognitive Functioning scale (LCF). Questa prevede 10 livelli progressivi di funzionamento cognitivo-comportamentale ed è quindi in grado di indicare la fase di recupero in cui si trova la persona e specificare i trattamenti riabilitativi da adottare.
Nei primissimi stadi della riabilitazione, in cui il paziente è in un forte stato confusionale, disorientato e con gravi deficit attentivi, vengono utilizzati stimoli concreti e facilmente interpretabili volti al riorientamento spaziale-temporale e personale.
Una volta stabilizzato il quadro generale è possibile effettuare una valutazione dei deficit cognitivi, in seguito alla quale viene strutturato l’intervento riabilitativo delle funzioni cognitive compromesse. Parallelamente, essendo le abilità residue ancora scarsamente efficienti se utilizzate in maniera autonoma, è necessario intervenire sulla ricostruzione delle strategie operative finalizzate all’elaborazione delle informazioni e alla programmazione delle attività. Inoltre, il paziente viene addestrato all’utilizzo di compensi, ovvero strumenti sostitutivi alle capacità dimostratesi non funzionali e non ulteriormente modificabili con interventi riabilitativi.
Quando le capacità residue della persona si dimostrano non ulteriormente modificabili, l’intervento riabilitativo viene indirizzato al reinserimento sociale e lavorativo della persona.
Bibliografia
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Làdavas, E., & Berti, A. (2020). Neuropsicologia. Quarta edizione. Società editrice il Mulino, Bologna.
Mutani R., Lopiano L., Durelli L., Mauro A., Chiò A., Il Bergamini di Neurologia, Torino, Edizioni Libreria Cortina (2012),23-50; 531-549.
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